Racconto-intervista a Simone Cristicchi
9 agosto 2023
di Anita Bernacchia
Dopo Sermonti e Benigni, Simone Cristicchi raccoglie la sfida e recita Dante. A modo suo, in parole e musica con Paradiso — Dalle tenebre alla luce, in tour nei teatri italiani con “ottimi risultati”. Con il teatro il cant-attore romano, già direttore del Teatro Stabile d’Abruzzo, ha un rapporto di lunga
data, un “matrimonio che vale più di uno stadio pieno”. Il teatro è magico, “una liturgia che tira fuori il nostro io autentico”.
Perché il Paradiso che in molti suscita noia? “Lo hanno raccontato in modo ideologico. L’uomo è attratto dalle tragedie, ma il Paradiso è la parte più invisibile ma più presente della vita, che ci fa stare in pace”, spiega. “In tutti noi c’è una parte oscura. Il viaggio di Dante è il nostro: dall’inferno
al purgatorio, dove ci svuotiamo fino a diventare come la Vergine Madre e riempirci di amore divino”. Trasumanar è il messaggio della pièce scritta con Manfredi Rutelli, musiche di Valter Sivilotti. “Gesù diceva ‘il mio regno non è di questo mondo’. Ne parlo anche nel libro Happynext”.
Un artista che vive tra teatro e musica. “Nel mio teatro di narrazione ce n’è molta. Una canzone è impalpabile ma può modificare cervello e coscienza, è quasi poesia, come in Battiato”. Si commuove ricordandolo. “Nel nostro primo incontro fu più lui a fare domande a me. Una persona umile, da humus, come un campo smosso in attesa di essere seminato con la bellezza”.
Cristicchi adora il palco. “Chi mi cerca mi trova dove l’arte accade, non su Spotify”. Il palco gli cambia la vita nel 2007 quando vince Sanremo contro ogni pronostico. “Diventai nazionalpopolare, ma cercai di canalizzare la fama per continuare a fare il performer”. Ci torna dopo la pandemia, trascorsa in campagna coltivando la madre terra da “addetto alla
manutenzione dell’universo” e disegnando per una mostra curata da Elisabetta Sgarbi. Da ragazzo aveva lavorato con il suo idolo Jacovitti, che imitava in maniera perfetta.
Sorride lusingato quando lo paragonano a De André perché canta gli ultimi, come i pazienti dei manicomi. “I veri manicomi sono le cliniche private asettiche dove si riproduce la mentalità manicomiale di esclusione. Alda Merini lo diceva: il vero manicomio è il mondo”. Sul tema la
canzone vincitrice al Festival. “Ho scritto Ti regalerò una rosa per il documentario Dall’altra parte del cancello. Ricordo un’infermiera che trovava sempre in dono una rosa rossa. Mi risollevava l’umore”.
Cristicchi è un poeta. La poesia “un parafulmine tra terra e cielo, un giardino dell’Eden al centro del cuore da cui riceviamo amore, una sorgente divina”. Anche l’amore degli amici, suo primo pubblico.
Oggi ai concerti gli chiedono le vecchie canzoni, ma lui è cambiato: “Da allora ho scritto della storia italiana, della campagna di Russia, del mistico David Lazzaretti, infine il Paradiso. E c’è un altro spettacolo che debutterà a novembre, prodotto da Elsinor. Ci vorrebbe un lockdown all’anno per
tornare a innamorarsi della vita o cambiare sguardo. E’ una forma di paradiso”.
* Intervista originale a Simone Cristicchi, scritta nell’ambito del Master in giornalismo di RCS Academy