Francesca Barra: un ritratto

Anita Bernacchia
6 min readDec 3, 2023
Di Alessio Jacona — flickr.com, CC BY-SA 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=122942708

18 novembre 2023
Intervista di Anita Bernacchia

Giornalista, scrittrice, conduttrice radio e tv, cuoca, mamma. Francesca Barra è un personaggio poliedrico, con una forte passione per la sua Basilicata e una vita soddisfacente al fianco del marito, l’attore Claudio Santamaria e dei quattro figli, tre avuti dal primo marito e la più piccola avuta con Claudio.

Francesca e le interviste: meglio essere intervistata o intervistare?

«Fare interviste è un modus operandi ben definito. Io non sono brava a intervistare, entro troppo in empatia. Ma racconto volentieri storie, anche nei miei libri. L’intervista la trasformo spesso in riflessione, come nel mio blog su L’Espresso».

Quand’è che si accorge che un’esperienza merita di essere raccontata?

«Da piccola, andai al funerale dei “fidanzatini di Policoro” (mio paese natale), morti in circostanze poco chiare. La madre del ragazzo avviò un’indagine personale, ma la gente del paese cominciò a diffamarla. Un simile clima di pregiudizio può diventare tossico per chi cerca verità e giustizia. Secondo me, invece, queste ultime devono prevalere. Ecco perché sento l’esigenza di comunicare il bello ma anche la verità».

Che rapporto ha con Corrado Formigli, lo considera un maestro? E con Gianluigi Paragone, con cui ha lavorato a In Onda su LA7?

«Ho lavorato con gli uomini più difficili che esistano! Non condivido nulla di quanto dice Paragone, anche se abbiamo condotto un programma insieme. Lui ha inventato l’arena, un genere TV, faceva sempre scelte coraggiose. È un amico ed è stato una voce utile, specie durante il lockdown. Formigli lo stimo moltissimo, è stato ospite in un mio programma su La7. Il programma che conduce, Piazzapulita, è uno dei migliori programmi di approfondimento in tv. Mi piace come gestisce gli argomenti. Non è un maestro, siamo cresciuti insieme. Se lo fosse stato, sarei stata una cattiva allieva».

Francesca Barra e Gianluigi Paragone, © Il Fatto Quotidiano

Faccia la classifica degli uomini peggiori con cui ha lavorato.

«Ho lavorato con uomini impegnativi: Antonello Piroso, Paragone, Piero Chiambretti. Lui è un maestro della TV, partecipavo alle sue riunioni anche a 40 anni perché è un artigiano dell’intrattenimento intelligente in TV».

Ha scritto tre libri in cui usa la narrazione accanto alla cucina, ormai parte del suo lavoro. Ha altri hobby?

«Io canto, ma niente di serio. Mi piace lavorare a maglia e ricamare, è un antistress».

Una giornalista di mafia non può occuparsi di cucina. Gliel’hanno mai detto?

«Sì, ma ormai è una critica banale».

Che ne pensa dell’interesse per la cucina sui social?

«Il cibo non passerà mai di moda, è ancora uno dei primi interessi sui social e nelle ricerche web. Non mi piace come viene usato dai nuovi influencer, che fanno reel brevi e con ricette sbagliate. Cucinare è pazienza, non condivido questa nevrosi».

La sua famiglia di origine ha condizionato le sue scelte lavorative?

«Il contesto in cui viviamo condiziona le nostre scelte. Ho sempre cercato un’altra porta per fuggire e poi rientrare altrove. Credo nelle buone intenzioni della mia famiglia. Al primo lavoro per La7 mio padre ebbe da ridire. Ma quello che volevo l’ho ottenuto ugualmente».

Hater: qual è il commento più brutto che le è stato rivolto e come ha risposto?

«Quando ricevo delle parole brutte sto male e la gente lo sa. Una collega ha persino armato uno stuolo di blogger per attaccarmi. Entrai in depressione. Io non ho una fan base quindi non mi rendo conto subito di cosa appare sui social. Un giorno scrissero “non si sa che lavoro faccia la Barra”, oppure che vengo invitata quando viene invitato Claudio. C’è giornalismo e opinionismo, le bugie non le sopporto e mi fanno provare vergogna per questa categoria».

Ha paura che i suoi figli vengano feriti dai commenti sui social?

«Mio figlio ha quasi 18 anni, non mi preoccupo. Quando le mie figlie arriveranno sui social, spero che non esisteranno più o che vengano introdotte regole che le tutelino. Mi fido di quello che ho insegnato, ma non esiterei a farglieli chiudere».

Pensa che i suoi colleghi abbiano di lei un’opinione diversa dopo la sua scelta di entrare in politica? La rifarebbe?

«No, entrare in politica fu un salto nel vuoto dolorosissimo. Non mi meritavano, ma non me in particolare. Era il periodo in cui Renzi era il nemico da abbattere. Chiunque si fosse candidato con il Pd sarebbe stato attaccato e non ce l’avrebbe fatta. Persone che conoscevo da anni non parlavano più la mia lingua, non gli importava chi fosse il candidato M5S. Mi candidai come gesto d’amore, ma mi sentii tradita dalla mia terra. Da allora non ho più fatto programmi politici in Tv».

Come vive sconfitte e fallimenti?

«A parte la campagna elettorale, non individuo fallimenti. Gli errori ti fanno deviare il percorso ma ti portano altrove. Dipende dalle tue aspettative. In politica ho sbagliato ad avere fiducia nel sistema. Ce l’ho con me stessa per non aver capito che avrei perso soldi, amicizie, alimentato gli odiatori. Mio padre mi diceva “vai, sei pronta”».

Una domanda sui podcast, Genitori e Vietato invecchiare. Come si inserisce una professionista e madre nel mondo lavorativo e cosa è per lei famiglia?

«La famiglia è stata la mia più grande ambizione. Famiglia è tutto ciò che faccio, anche gli amici e le persone che intervisto. Per questo conciliare famiglia e lavoro non è stato semplice, non mi ha aiutato nessuno. Ho dovuto fare scelte che mi rendono felice, ma non tutti hanno avuto il privilegio di arrivare a un obiettivo felice nelle stesse difficoltà. Quando vedo una deputata che allatta un bambino alla Camera non mi fa piacere perché è una privilegiata a poterlo fare, non un’impiegata. Da una premier donna mi sarei aspettata proposte per migliorare la situazione e interventi contro la violenza sulle donne. Sennò non c’è differenza con un premier uomo. Finché tutto questo non sarà risolto, la mia situazione sarà quella di una privilegiata e non di una donna realizzata».

Perché ha scelto Pantelleria per trascorrere le sue vacanze?

«È un luogo difficile e selvaggio e che aderisce alla mia natura, è sfaccettata e indefinibile. Non ci sono spiagge e per fare il bagno bisogna ingegnarsi. C’è anche la montagna, il lago, è bella anche in inverno. Ci andammo in viaggio di nozze con Claudio e da allora siamo sempre tornati».

Claudio Santamaria e Francesca Barra, © ANSA

Com’è stato crescere in una cittadina di 17mila abitanti?

«Ti senti protetta. Ci torno spesso, ho un legame viscerale con quei luoghi, con la famiglia, gli amici d’infanzia. Vuol dire però anche far parte di una schiavitù, del chiacchiericcio che poi mi ha fatto scegliere questa professione. Da piccola andavo dalla figlia di una signora “chiacchierata” perché lavorava in casa quando non c’era il marito. Mia madre diceva di non andarci, ma io mi rifiutavo di isolare una persona per un pettegolezzo».

Chi è Francesca Barra e cosa vorrebbe diventare?

«Io sono una mamma, nutro con le mie storie, il mio cibo. La maternità è ciò che mi definisce. Vissi d’arte, vissi d’amore, non feci mai male a nessuno. Questo mi definisce più di tutto. In futuro vorrei aprire un ristorante chiamato Le sorelle da lasciare alle mie figlie. Per proporre cibi consolatori e il concetto della sorellanza. Ho tante amiche donne, mi piace l’energia che sprigionano e a breve porterò in teatro un monologo di William Shakespeare sulla violenza. Se riuscissi anche ad aprire il ristorante potrei ritenermi una donna arrivata».

* Intervista originale a Francesca Barra, scritta nell’ambito del Master in giornalismo di RCS Academy

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Anita Bernacchia

Europe, Italy, Romania, Moldova. Communication, literature, history.